L’isteroscopia nello studio dell’infertilità femminile

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L’infertilità nella donna è la condizione clinica che ostacola il concepimento di un bimbo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’infertilità come una patologia, caratterizzata dall’incapacità di generare una gravidanza dopo 12/24 mesi di regolari rapporti sessuali, mirati e non protetti, nonostante la presenza di un buono stato di salute apparente di entrambi i partner.

L’infertilità è un problema globale, diffuso in tutto il mondo; in Italia riguarda circa il 15% delle nuove coppie [1]. Nel solo anno 2017, sono state trattate con cicli di procreazione medicalmente assistita (PMA) 78.366 coppie [2], dato che supporta l’importanza di questa patologia nello scenario della salute pubblica.

I fattori che intervengono nel determinare la condizione di infertilità femminile sono molteplici e talvolta anche multipli, tra i più importanti [3,4]:

  • L’età della donna: è un limite rilevante, scandisce una progressiva riduzione fisiologica della fertilità, riducendo a sua volta il successo riproduttivo sia nei rapporti liberi sia nei cicli di PMA, in particolare dopo i 35 anni.
  • Riserva ovaricaè il patrimonio di ovociti posseduto dalla donna, direttamente correlata al numero di ovociti che giungeranno a maturazione. La sua diminuzione comporta una compromissione della fertilità.
  • Alterazioni ormonali: creano disfunzioni nell’ovulazione, possono originarsi da squilibri a carico sia dell’ipotalamo sia dell’ipofisi, oppure da patologia dell’ovaio stesso.
  • Endometriosi: è una malattia infiammatoria cronica, caratterizzata dall’anomala presenza di tessuto endometriale (tessuto che riveste normalmente la superficie interna dell’utero e che ciclicamente ogni mese sfaldandosi dà origine alla mestruazione) in regioni anatomiche diverse: in particolare nelle ovaie, nelle tube, nel peritoneo, nella vagina, nell’intestino. Si presenta sotto forma di noduli, lesioni, formazioni cistiche. La presenza di questa patologia può alterare la qualità ovocitaria, l’impianto dell’embrione, l’anatomia pelvica, creando ostacolo al concepimento.
  • Malformazioni congenite dei genitali: possono interessare ovaie, tube, utero, vagina e genitali esterni. Le stesse possono essere causa di infertilità e/o di aborti spontanei ripetuti.
  • Disfunzione tubarica: è rappresentata dall’ostruzione delle tube di Falloppio, oppure da una disfunzione epiteliale della mucosa che compromette la motilità ciliare delle stesse e quindi i movimenti dell’ovocita, degli spermatozoi e/o dello zigote. Tale alterazione crea le condizioni affinché i gameti non si incontrino o l’embrione non arrivi in utero.
  • Patologie uterine: la cavità uterina è l’ambiente nel quale l’embrione si annida e cresce durante i 9 mesi di gravidanza. La presenza di neoformazioni quali: polipi endometriali, miomi sottomucosi, aderenze endouterine, oppure endometriti causate da microrganismi patogeni arrivati per via sessuale, possono compromettere sia l’impianto che lo sviluppo dell’embrione.

L’indagine che porta alla diagnosi di infertilità deve essere iniziata in tempi brevi ed è costituita da diverse fasi e da varie modalità di intervento, dalle più semplici, come la raccolta della storia clinica riproduttiva, la visita ginecologica, l’ecografia transvaginale, l’esame per lo studio della pervietà tubarica, fino all’esecuzione di esami lievemente più invasivi come l’isteroscopia.

L’isteroscopia è la metodica d’esame oggi più utilizzata nella valutazione della patologia uterina, infatti, attraverso uno strumento sottile delle dimensioni di circa 3 mm, definito isteroscopio, collegato a una telecamera e monitor, consente di osservare l’utero dal suo interno, permettendo di diagnosticare (isteroscopia diagnostica) e trattare (isteroscopia operativa) diversi tipi di patologie a carico dell’apparato riproduttivo femminile, che possono essere responsabili di infertilità [5,6]:

  • Setti uterini: sono le malformazioni congenite più frequenti che coinvolgono il corpo uterino. La presenza di un setto è una condizione caratterizzata dalla presenza di tessuto fibroso che divide la cavità uterina in due sezioni, rendendole piccole per l’eventuale sviluppo di un feto.
  • Leiomiomi sottomucosi: sono neoformazioni benigne che originano dal tessuto muscolare uterino, la loro posizione è determinante, infatti si sviluppano verso la cavità uterina ostacolando l’impianto dell’embrione.
  • Polipi endometriali: sono proliferazioni cellulari, solitamente benigne, che si sviluppano sulla superficie della mucosa che riveste la cavità uterina: possono ostruire il passaggio degli spermatozoi nelle tube e impedire la fecondazione dell’ovulo.
  • Sinechie endouterine: sono aderenze fibrotiche che possono occupare la cavità uterina e occludere gli osti tubarici, causando infertilità e/o aborti ripetuti.
  • Endometriti: è un processo infettivo-infiammatorio della mucosa endometriale che può rendere non idoneo l’ambiente uterino all’impianto dell’embrione.

Nel caso in cui l’esame isteroscopico comporti la diagnosi di una patologia uterina è possibile intervenire con l’isteroscopia operativa, tecnica microchirurgica e mininvasiva che permette l’asportazione della formazione endocavitaria riscontrata con attrezzature miniaturizzate (forbici, pinze, elettrodi, vaporizzatori) introdotte nello strumento isteroscopico. Tale tecnica può essere svolta anche nella stessa seduta d’esame e con dimissione in giornata.

È indiscutibile il vantaggio dell’isteroscopia operativa come metodica mininvasiva nel trattamento della patologia genitale femminile, ma il ruolo veramente importante nella gestione dell’infertilità è dato dall’isteroscopia diagnostica, infatti tramite l’osservazione diretta dei tessuti e una semplice biopsia della mucosa endometriale, nelle sue aree sospette, possono evidenziarsi quei fattori ostativi al concepimento che con altre metodiche potrebbero sfuggire alla diagnosi.

Un esempio eclatante è dato dall’endometrite, patologia difficilmente diagnosticabile con altri mezzi di indagine che svolge un ruolo fondamentale come causa di mancato impianto e/o mancata fecondazione [7,8].

Pertanto, il ricorso all’isteroscopia è raccomandabile come indagine preliminare nella valutazione della cavità uterina nell’ambito di un percorso diagnostico riproduttivo e comunque prima di includere le pazienti in un programma di fecondazione in vitro. Ciò allo scopo di ridurre al minimo qualsiasi influenza negativa che una patologia uterina potrebbe avere sulla ricerca di gravidanza [9].

 

Bibliografia

  1. Dati Istituto Superiore di Sanità.
  2. Ultima relazione del Ministro della Salute – Attività PMA 2017.
  3. Thurston L, Abbara A, Dhillo WS. Investigation and management of subfertility. J Clin Pathol 2019 Sep;72(9):579-87.
  4. Broi MGD, Ferriani RA, Navarro PA. Ethiopathogenic mechanisms of endometriosis-related infertility. JBRA Assist Reprod 2019;23(3):273-80.
  5. Turocy JM, Rackow BW. Uterine factor in recurrent pregnancy loss. Semin Perinatol 2019 Mar;43(2):74-9.
  6. Marciniak A, Nawrocka-Rutkowska J, Wiśniewska B, et al. Role of office hysteroscopy in the diagnosis and treatment of uterine pathology. Pol Merkur Lekarski 2015 Oct;39(232):251-3.
  7. Cicinelli E, Matteo M, Trojano G, et al. Chronic endometritis in patients with unexplained infertility: Prevalence and effects of antibiotic treatment on spontaneous conception. Am J Reprod Immunol 2018 Jan;79(1).
  8. Puente E, Alonso L, Laganà AS, et al. Chronic endometritis: old problem, novel insights and future challenges. Int J Fertil Steril 2020;13(4):250-6.
  9. Società Italiana di Endoscopia Ginecologica (SEGi). Linee guida per l’isteroscopia ambulatoriale, 2018.

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