Fertilità, la scarsa informazione complica la gravidanza

Tutti i pazienti che si sottopongono a trattamenti potenzialmente gonadotossici, ossia che possono creare un danno definitivo a livello gonadico e nella futura possibilità di riprodursi, quali i pazienti oncologici, dovrebbero essere messi al corrente della possibilità di preservare la propria fertilità ed essere quindi indirizzati a uno specialista in materia. La stessa possibilità dovrebbe essere resa nota a tutti coloro che per motivi personali non si trovano nelle condizioni di realizzare un progetto di genitorialità nel momento ideale, che per la donna è prima dei 32 anni”.

“In realtà, l’informazione sulla possibilità di preservare la propria fertilità non è diffusa, a causa di tre barriere principali: la scarsa informazione dell’opinione pubblica in merito alla possibilità di accedere a trattamenti di preservazione della fertilità; la scarsa informazione degli specialisti medici, anche in ambito oncologico, in merito alla preservazione della fertilità e l’assenza di procedure e percorsi di trattamento standardizzati”. Vediamo in dettaglio di cosa si tratta.

In quasi tutti i paesi europei, Italia inclusa, si registra ancora una scarsa conoscenza della vita fertile della coppia e, in particolare, come la fertilità cambia con l’aumentare dell’età della donna. Per potere cambiare questa situazione è necessario prevedere dei piani di informazione che coinvolgano la popolazione sin dall’età scolastica. Il problema sembra però estendersi anche ai professionisti in ambito medico.

Da un recente studio scientifico emerge che il 56% dei ginecologi italiani che lavorano in strutture ospedaliere pubbliche e private ritengono non così rara la possibilità di avere un figlio spontaneamente dopo i 44 anni e fino ai 50. Il 49% è convinto che la PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) possa sopperire completamente al declino naturale della fertilità femminile, mentre solo il 44% dei medici sa come calcolare la riserva ovarica di una donna, ovvero la quantità di ovociti disponibili nelle ovaie per iniziare una gravidanza. Questi medici non sono in grado di informare correttamente i pazienti sulla fertilità e sulla sua preservazione.

Fortunatamente, sono sempre di più i casi oncologici che vengono trattati con successo, ma ancora non si presta la sufficiente attenzione alla qualità della vita a lungo termine, che, nel caso di donne giovani, può essere fortemente compromessa dall’impossibilità di avere dei figli.

In base a studi condotti in diversi paesi, la percentuale di pazienti oncologici informati sulla preservazione della fertilità è molto bassa. Purtroppo, le conoscenze della possibilità di preservazione della fertilità sono scarse proprio tra i medici. Non si conoscono le linee guida, le procedure di preservazione della fertilità, i costi e l’esistenza di materiali informativi per i pazienti. Il dato più preoccupante è che uno degli aspetti meno conosciuti è la possibilità di preservare la fertilità di ragazze e giovani donne. I pazienti riferiscono inoltre che in ambito oncologico non si propone di prassi la preservazione della fertilità a coppie che hanno già figli o a donne single, come se queste non avessero le caratteristiche per ambire a un progetto di genitorialità. Per ovviare a questa problematica di scarsa informazione è necessario che tutto il personale medico e paramedico coinvolto nel trattamento di pazienti oncologici sia formato in merito alle possibilità di preservazione della fertilità.

Diversi studi dimostrano come non vi siano policy di riferimento per la preservazione della fertilità neppure in molti reparti di oncologia. Un altro problema che affligge i sistemi sanitari di molti paesi europei riguarda le lunghe liste d’attesa, con pazienti che ricevono il primo consulto sulla preservazione della fertilità dopo avere iniziato i trattamenti di chemioterapia, e il carente collegamento tra centri che si occupano di pazienti oncologici e strutture specializzate in procreazione medicalmente assistita e preservazione della fertilità.

“In un paese come il nostro, afflitto da un grave e perdurante fenomeno di denatalità, sarebbe necessario intervenire urgentemente sul problema della disinformazione relativa alla vita fertile di donne e uomini e sulla preservazione della fertilità, anche per supportare i pazienti oncologici che, a causa della disinformazione, vengono privati della possibilità di tentare in futuro di diventare genitori. Siamo costantemente impegnati in questa azione di carattere culturale, ma un intervento capillare da parte delle istituzioni potrebbe essere di grande aiuto per velocizzare il cambiamento”.

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Prof. Martirani Mirko
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