Attualmente è in costante crescita il numero di coppie in cui la ricerca di un figlio viene procrastinata nel tempo per motivi di carattere sociale, economico e culturale. Sempre maggiore è il numero di coppie che si rivolge ai Centri di Procreazione Medicalmente assistita alla ricerca di un aiuto per il concepimento di un figlio che tarda ad arrivare.
Sempre più avanti nel tempo viene spostato il momento in cui la coppia inizia a cercare la gravidanza a seguito di fattori sociali, economici e culturali, facendo sì che l’età della donna si faccia sempre più avanzata con conseguenti ulteriori difficoltà. Compito dello specialista è accogliere queste coppie e indirizzarle a un percorso diagnostico e terapeutico volto a ottenere, ove possibile, la nascita di un bimbo.
A regolamentare a tutt’oggi l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) rimane in vigore, pur con le successive modificazioni, le Legge 40/2004 “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”. Tale legge prevede, tra i suoi primi articoli, la netta indicazione a una gradualità di trattamento, oltre che un tentativo di rimozione delle cause di infertilità ove possibile.
Al momento attuale le coppie che si rivolgono a uno specialista della fertilità sono sempre più numerose e come dicevamo di età sempre più avanzata.
Il concetto di gradualità di trattamento presuppone che le tecniche di PMA vengano applicate in ordine di invasività sia fisica sia psicologica crescente. Tali procedure si dividono in tecniche di primo livello, ovvero tecniche in vivo, e tecniche di secondo livello, ovvero tecniche in vitro FIVET e ICSI, per finire con le tecniche di terzo livello, cioè tecniche in cui è necessario il prelievo testicolare dei gameti maschili o il prelievo ovocitario laparoscopico in anestesia generale.
La difficoltà attuale dello specialista consiste nel corretto inquadramento di coppie con età avanzata e con fattori di infertilità sempre più complessi in cui la gradualità di trattamento diventa davvero difficile da applicare poiché la coppia ha di per sé una situazione di base sempre più complessa e difficile da approcciare.
I cicli di rapporti mirati con induzione dell’ovulazione sono riservati a coppie giovani, con fattore ovulatorio isolato o maschile lieve e trovano sempre minore applicazione visto il ridotto numero di coppie con partner femminile di giovane età e buona riserva ovarica. Nel corso degli ultimi aggiornamenti delle linee guida di trattamento è emerso che spesso i rapporti mirati con induzione dell’ovulazione risultano in una perdita di tempo prezioso e quindi dovrebbero essere limitati a coppie con infertilità da causa anovulatoria accertata e per un numero limitato di tentativi.
Già nel caso in cui la coppia si presenti con il più semplice degli scenari, la paziente con ovaio policistico e cicli oligomenorroici, risulta estremamente importante un corretto inquadramento di entrambi i partner al fine di non sottovalutare elementi di per sé meno evidenti.
Un passo successivo nel panorama della procreazione medicalmente assistita è rappresentato dalle inseminazioni intrauterine semplici, ovvero l’inserimento in utero del seme adeguatamente trattato mediante processo di capacitazione temporalmente concomitante all’induzione dell’ovulazione dopo stimolazione ovarica a bassa dose.
Tale tecnica è riservata a coppie con partner femminile relativamente giovane, fino ai 38 anni, alterazione seminale lieve e documentata pervietà delle tube. Fino a qualche anno fa si riteneva che anche quadri di endometriosi lieve o operata potessero essere candidati a questo tipo di tecnica, ma più recentemente tale indicazione è stata rivista e considerate la complessità delle pazienti affette da endometriosi e la molteplicità di fattori che contribuiscono alla loro infertilità si ritiene più opportuno l’accesso di queste pazienti direttamente alla fecondazione in vitro.
Nel caso in cui la coppia che si rivolge al Centro presenti età della partner femminile sopra i 38 anni, o fattore tubarico documentato o fattore seminale moderato-severo, o ridotta riserva ovarica o ancora tempo di ricerca della gravidanza superiore ai 5 anni, si ritiene opportuno proporre alla coppia un accesso diretto a tecniche di secondo livello, FIVET o ICSI.
Tale tecnica, basata sulla fecondazione extracorporea dei gameti, si fonda su una stimolazione ovarica a dose medio-alta, con recupero degli ovociti maturati mediante agoaspirazione ecoguidata dei follicoli prodotti e successiva fecondazione degli stessi mediante tecniche FIV o ICSI e coltura embrionaria. Il transfer degli embrioni così prodotti viene realizzato in 3a o 5a giornata se i fattori ormonali materni di salute lo permettono. In caso contrario si procede al congelamento degli ovociti recuperati, o più frequentemente degli embrioni prodotti, e si procederà poi al transfer in un ciclo successivo previa adeguata preparazione dell’endometrio.
Considerando quindi la legislazione attuale in una sua applicazione letterale, dovremmo proporre alla coppia l’accesso alle tecniche secondo quanto sopra descritto. Risulta altresì chiaro però che ciascuna coppia, e nella fattispecie ciascun partner, ha caratteristiche sue peculiari per cui risulta necessario scegliere la tecnica con cui trattare la coppia stessa sulla base sia del principio di gradualità e minore invasività, sia sulla base della corretta indicazione clinica, in modo tale da ottimizzare quelli che sono i principali obiettivi clinici: il pregnancy rate, ovvero il tasso di gravidanza per tecnica, e il time to pregnancy, ovvero il tempo necessario al raggiungimento della gravidanza per tecnica.
Ad oggi, per i motivi sopra elencati, sempre maggiore è il numero di coppie che accede direttamente alla fecondazione in vitro, saltando completamente le tecniche di primo livello. Ciò non deve intendersi come un non adempimento della legislazione vigente, ma come un progressivo cambio di scenario per quanto riguarda le caratteristiche delle coppie che ci troviamo a trattare, per le quali le tecniche di primo livello risulterebbero non soltanto inutili al fine del raggiungimento della gravidanza, ma soprattutto costituirebbero un allungamento dei tempi di ricerca e parimenti del cosiddetto time to pregnancy.
Perché il time to pregnancy, ovvero il tempo necessario al raggiungimento della gravidanza, rappresenta un paramento così importante? Per due motivi essenziali e fondamentali: in primo luogo, perdita di tempo significa aumento dell’età materna con riduzione di chance, di riserva ovarica e aumento delle complicanze della gravidanza, in secondo luogo, ma non meno rilevante, perdita di tempo per la coppia implica un conseguente aumento del drop out, ovvero il numero di coppie sfiduciate che interrompono il percorso o si rivolgono ad altro Centro iniziando una peregrinazione decisamente infruttuosa e frustrante.
Bibliografia
- Advanced maternal age in IVF: Still a Challenge? the presente and the future of its treatments (Ubaldi et al Front Endocrinol 2019 Feb 20; 10:94)
- The impact of advanced maternal age on pregnancy outcome (Attali et al, Best Pract Res Clin Obstet Gynecol 2021 Jan;70:2-9)
- Legge 19 febbraio 2004 n.40 pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.45 del 24/02/2004.
- Sentenza Corte di Cassazione 151/2009 pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 13/05/2009.